Gli elementi dell’enigma (3)

Personaggi, tempo, spazio e oggetti nell’opera di Baricco, terza e ultima parte

Dedichiamo un ultimo post a “Seta” per osservare come i vari elementi strutturali contribuiscono al tono enigmatico di fondo e rinforzano lo stile narrativo.

I personaggi

Hervé, il protagonista. In Seta l’enfasi è sicuramente posta sullo stile. Il romanzo, chiaramente, è anche la storia del protagonista che, come detto, viene rivelato al lettore attraverso azioni, atteggiamenti o dettagli, ma mai con una chiara descrizione. Chi è dunque Hervé? Sappiamo che è commerciante e che è sposato. Ma qual è il suo atteggiamento nei confronti della vita? Il narratore non ci fa entrare nella psicologia del personaggio, ma basta una frase per farci comprendere la sua maniera di vedere il mondo. In un breve dialogo:

-Com’è L’Africa? -Gli chiedevano -Stanca.

Sono le prime parole che il protagonista pronuncia e dunque anche la fondazione della sua logica. “Stanca” è una risposta sorprendente. Ci si aspetta piuttosto che risponda “grande”, “meravigliosa”, “appassionante”; in definitiva, un aggettivo che risponda alla domanda “com’è?” e non ci aspettiamo che risponda con un verbo. Continuiamo dunque con la rottura della logica convenzionale del mondo. D’altro canto, il fatto che agli occhi di Hervé l’Africa provochi stanchezza dimostra che il protagonista di questa storia non è certamente un fanatico dell’avventura.

Cos’altro sappiamo di Hervé e come ci giungono tali informazioni? Come abbiamo detto, il narratore di questa storia non si addentra nella psicologia del protagonista e per questo non arriviamo a formularne una visione totale; abbiamo piuttosto l’impressione che il narratore desideri che i suoi gesti restino avvolti in un alone di mistero. Uno di questi esempi è la scena del guanto:

Dopo Hara Kei si alzò in piedi ed Hervé Joncour lo imitò. Con un gesto impercettibile, prima di prendere il sentiero, lasciò cadere uno dei suoi guanti vicino al vestito di colore arancione, abbandonato sulla riva.

È un gesto enigmatico il cui senso resta velato; possiamo intendere che è una forma di toccare quella donna che tanto lo attrae e che non può raggiungere. Ma, perché l’ha fatto? La bellezza del gesto risiede proprio nel fatto che non possiamo spiegarlo nella sua totalità. Eppure questa ambiguità funziona perché, sebbene non ci siano tutti i motivi del personaggio, né il processo mentale che l’ha portato a lasciare il guanto, possiamo tuttavia intuire perché lo fa. Se non potessimo interpretare in alcun modo il gesto, ecco che risulterebbe insostanziale e gratuito, per cui perderebbe la sua bellezza.

Si tratta di una bellezza che radica nella comprensione a metà e nel credere, tuttavia, che in quella visione parziale ci sia la rivelazione di un senso più pieno di qualsiasi spiegazione.

Infine, esiste un unico momento in cui Hervé si confessa e rivela il significato che per lui ha avuto l’incontro con quella donna misteriosa, ovvero il “morire di nostalgia per qualcosa che non succederà mai”. Grazie a queste parole, il mistero non svanisce ma comprendiamo il senso che tutta la storia ha avuto per il personaggio.

Helène, la moglie. Con uno stratagemma simile alla semplice risposta “Stanca“, il narratore ci fa comprendere il carattere di Helene con il dettaglio di una vestaglia in seta che Hervé le regala e che lei per pudore non indosserà mai. Si deduce che la donna non ha un carattere appassionato, eppure è devota al sentimento amoroso per il marito al punto di scrivere una lettera che, d’altro canto, rivela una padronanza dei codici erotici insospettata.

La donna senza nome dai tratti non orientali. In questo personaggio si concentra il mistero assoluto. Ne percepiamo lo sguardo, che rivela la presenza di un’estranea in un mondo esotico. È lì a causa di un rapimento? È lì volontariamente? Il languore con cui appoggia la testa in grempo al marito suggerisce l’idea di una preda ben domata. In ogni caso, Hara Kei non soddisfa la curisosità di Hervé (me le sue domande gli rivelano chiaramente l’interesse che il visitatore straniero prova nei confronti di sua moglie). Ci sono momenti in cui la frammentarietà di questa visione viene amplificata da affermazioni che ne mettono addirittura in dubbio l’esistenza, come quando il commerciante inglese esclude categoricamente che ci siano donne europee, bianche, in tutto il Giappone.

Hara Kei, il potere. Questo personaggio è fondamentale per la trama: da una parte crea la circostanza dell’incontro tra Heré e la donna misteriosa e allo stesso tempo è il principale elemento di opposizione a un possibile sviluppo. Anche qui si ripropone il gioco sull’ambiguità: da un lato richiede a Hervé di visitarlo e sembra apprezzarne la compagnia, ma non rivela mai un motivo chiaro che ne giustifichi la buona predisposizione nei suoi confronti.

Lo spazio

In una riflessione di Hervé Joncour ritroviamo una specie di sintesi della suggestione che lo spazio ha il potere di esercitare sulla psiche del protagonista:

La dimora di Hara Kei sembrava annegata in un lago di silenzio. Hervé Joncour si avvicinò e si fermò a pochi metri dall’ingresso. Non c’erano porte, e sulle pareti di carta comparivano e scomparivano ombre che non seminavano alcun rumore. Non sembrava vita: se c’era un nome per tutto quello, era: teatro.

Tanto sono distanti dal suo mondo gli usi e i costumi del paese lontano da situare eventi e persone in uno spazio irreale, nebbioso e svincolato da radici terrene. Ed è proprio lì che scaturiscono fantasie e suggestioni che nell’ambiente di casa erano semplicemente inimmaginabili. In effetti, determinate esperienze, mitiche e irripetibili possono avvenire solo in luoghi lontani e sconosciuti, dove tutto diventa confuso e sfumato.

Il tempo

L’uso dei tempi porta il lettore a concentrarsi su quello che veramente importa: la passione turbinosa che si agita dentro a Joncourt. Dunque, gli spostamenti dalla Francia al Giappone, che nel XIX secolo dovevano occupare mesi e mesi, sono riassunti in brevi paragrafi che si ripropongono identici ogni volta che Hervé decide di ripartire. Al contrario, i momenti di speranzosa attesa di rivedere la donna misteriosa, le scarne occasioni di contatto, subiscono una specie di dilatazione impalpabile che Hervé si porta dentro fin dal primo momento in cui incrocia lo sguardo della donna misteriosa. Mentre il protagonista è in Giappone, i giorni vengono sgranati per amplificare l’attesa del “grande momento”.

Gli oggetti

Non abbondano le descrizioni in generale nel romanzo, ma pochi essenziali oggetti hanno la capacità di riproporre atmosfere, suggerire situazioni o far assumere un tono inquietante alle situazioni, e sono:

I domestici. La loro presenza, che ricorda più il comportamento di ombre che di esseri umani, amplifica l’irrealtà della situazione.

Gli uccelli. La grande voliera piena di uccelli suggerisce un simbolismo, ma non c’è mai un momento in cui viene in qualche modo spiegato, anche se potremmo azzardare un’allusione alla bellezza imprigionata che, sempre simbolicamente, Hervé pretende di liberare con lo sparo che fa alzare in volo tutti gli uccelli già abbandonati da Hara Kei.

I fiori. Gli anelli di fiori di Madame Blanche sono messaggio subliminale di un personaggio di cui inizialmente non si comprende la totale enigmicità, dalla forma quasi tentacolare, vista l’apparizione delle coroncine in situazioni di vario tipo.

I messaggi amorosi. Dal primo messaggio in inchiosto nero fino al ragazzino, messaggero, i messaggi sono più che altro “segnali” che possono smuovere tutto un mondo, al di là del loro contenuto.

Ed ecco che questo percorso su Seta, che avrebbe di fronte a sé ancora innumerevoli spunti di riflessione sulla tecnica di scrittura, giunge momentaneamente al suo termine. E dico “momentaneamente” nella consapevolezza che i grandi romanzi non ci abbandonano più per il resto della nostra vita di lettori, e non. (n.z.b.)

Foto di Jazmin Quaynor su Unsplash

Testi: Nadia Zamboni Battiston

Fonti: materiale del corso di scrittura di romanzo dell’Ateneu di Barcellona (Spagna)

Post precedenti su Seta di Alessandro Baricco, pero ordine:

(1) Tra le nebbie

(2) Il quadro senza cornice

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